L’inquinamento da plastica è diventato come è noto uno dei problemi ambientali più urgenti. Lo è perché la produzione di plastica porta danni da diversi punti di vista, e lo è anche e soprattutto perché per decenni l’umanità ha semplicemente ignorato le conseguenze dell’uso eccessivo di questo materiale. L’enorme isola di plastica che galleggia nell’oceano è solamente la più visibile e terrificante tra gli effetti dello scellerato impiego della plastica usa e getta nella nostra quotidianità, ma i numeri non mentono: il peggio deve ancora arrivare, a meno che non si cambi immediatamente il modo di agire. A dimostrarlo c’è un nuovo rapporto di Greenpeace, intitolato “Plastica: emergenza fuori controllo”.
La produzione di plastica negli anni
Non è poi tanto che l’umanità produce e utilizza i materiali plastici. Si è iniziato infatti poco dopo la metà del Novecento. Da quel momento, però, la produzione di materie plastiche ha continuato senza interruzioni, e anzi ha conosciuto una crescita inarrestabile. Basti sapere che in soli 15 anni, tra il 2000 e il 2015, è stato prodotta più della metà della plastica fabbricata dall’umanità: nel 2019 è stata raggiunta la quota di 370 milioni di tonnellate di plastica. Come spiega il rapporto di Greenpeace, in termini di massa, si parla del più del doppio di quella di tutti gli organismi attualmente presenti sul nostro pianeta. E, come detto, la situazione potrebbe ancora peggiorare. Se i trend di crescita continuassero a seguire quelli a cui siamo abituati, ci potremmo trovare a raddoppiare la produzione di plastica entro il periodo 2030-2035, per arrivare al triplo entro la metà del secolo, raggiungendo una produzione pari a 1.100 milioni di tonnellate. Dati alla mano, non sembra che le politiche messe in atto finora siano concretamente in grado di frenare questo processo.
Il riciclo della plastica
Certo, a migliorare la situazione potrebbe esserci il riciclo delle valanghe di rifiuti plastici che l’umanità produce ogni giorno, in ogni angolo della Terra. Come sappiamo, infatti, questi rifiuti si trovano ovunque, anche lontanissimo dalla civiltà, fino ad arrivare alle più buie e inaccessibili profondità degli oceani. Ma il sistema del riciclo, per come è stato inteso finora, non funziona. Non è neanche lontanamente sufficiente a garantire un riutilizzo di questo materiali. Si calcola che, di tutta la plastica prodotta nei decenni dell’uomo, solamente il 10% sia stato effettivamente riciclato in modo corretto. Le stime ci dicono infatti che il 14% è stato bruciato, e che il restante 76% è ancora presente: in parte in discarica, in parte semplicemente disperso, tra mari e foreste. Quante tonnellate di plastica disperse nell’ambiente si avranno nei prossimi anni, quando il settore della plastica sarà ancora più grande? Ci sono delle stime a proposito: senza una reale riduzione della produzione e del consumo di oggetti in plastica, nel 2040 verranno immesse 29 milioni di tonnellate di plastica , di contro agli 11 milioni attuali. Questo significa che tra circa 20 anni, per ogni metro di costa, si avrebbero circa 50 chilogrammi di rifiuti plastici, ogni anno.
Il problema del monouso
Gran parte del problema è causato dalle plastiche monouso. Oggi queste rappresentano il 36% della produzione globale di plastica. Si parla di bottigliette, di sacchetti, di imballaggi flessibili, di pellicole, di contenitori di alimenti, di tutto quello che peraltro, normalmente, si trova in mare. Si è calcolato che nel 2019, a livello mondiale, si sono prodotte 130 milioni di tonnellate di rifiuti plastici provenienti da packaging. Ma non si dovrebbe parlare solo del littering, e quindi della dispersione dei rifiuti: per capire quanto sia necessario rivedere l’uso di materie plastiche è bene tenere in considerazione anche le emissioni di gas serra associate all’intero ciclo di vita della plastica, dall’estrazione dei materiali fossili fino allo smaltimento. Ebbene, guardando all’intero settore, si scopre che questo, in una classifica dei Paesi più inquinanti al mondo per gas serra, si inserirebbe al quinto o al sesto posto.
L’inquinamento da plastica è diventato come è noto uno dei problemi ambientali più urgenti. Lo è perché la produzione di plastica porta danni da diversi punti di vista, e lo è anche e soprattutto perché per decenni l’umanità ha semplicemente ignorato le conseguenze dell’uso eccessivo di questo materiale. L’enorme isola di plastica che galleggia nell’oceano è solamente la più visibile e terrificante tra gli effetti dello scellerato impiego della plastica usa e getta nella nostra quotidianità, ma i numeri non mentono: il peggio deve ancora arrivare, a meno che non si cambi immediatamente il modo di agire. A dimostrarlo c’è un nuovo rapporto di Greenpeace, intitolato “Plastica: emergenza fuori controllo”.
La produzione di plastica negli anni
Non è poi tanto che l’umanità produce e utilizza i materiali plastici. Si è iniziato infatti poco dopo la metà del Novecento. Da quel momento, però, la produzione di materie plastiche ha continuato senza interruzioni, e anzi ha conosciuto una crescita inarrestabile. Basti sapere che in soli 15 anni, tra il 2000 e il 2015, è stato prodotta più della metà della plastica fabbricata dall’umanità: nel 2019 è stata raggiunta la quota di 370 milioni di tonnellate di plastica. Come spiega il rapporto di Greenpeace, in termini di massa, si parla del più del doppio di quella di tutti gli organismi attualmente presenti sul nostro pianeta. E, come detto, la situazione potrebbe ancora peggiorare. Se i trend di crescita continuassero a seguire quelli a cui siamo abituati, ci potremmo trovare a raddoppiare la produzione di plastica entro il periodo 2030-2035, per arrivare al triplo entro la metà del secolo, raggiungendo una produzione pari a 1.100 milioni di tonnellate. Dati alla mano, non sembra che le politiche messe in atto finora siano concretamente in grado di frenare questo processo.
Il riciclo della plastica
Certo, a migliorare la situazione potrebbe esserci il riciclo delle valanghe di rifiuti plastici che l’umanità produce ogni giorno, in ogni angolo della Terra. Come sappiamo, infatti, questi rifiuti si trovano ovunque, anche lontanissimo dalla civiltà, fino ad arrivare alle più buie e inaccessibili profondità degli oceani. Ma il sistema del riciclo, per come è stato inteso finora, non funziona. Non è neanche lontanamente sufficiente a garantire un riutilizzo di questo materiali. Si calcola che, di tutta la plastica prodotta nei decenni dell’uomo, solamente il 10% sia stato effettivamente riciclato in modo corretto. Le stime ci dicono infatti che il 14% è stato bruciato, e che il restante 76% è ancora presente: in parte in discarica, in parte semplicemente disperso, tra mari e foreste. Quante tonnellate di plastica disperse nell’ambiente si avranno nei prossimi anni, quando il settore della plastica sarà ancora più grande? Ci sono delle stime a proposito: senza una reale riduzione della produzione e del consumo di oggetti in plastica, nel 2040 verranno immesse 29 milioni di tonnellate di plastica , di contro agli 11 milioni attuali. Questo significa che tra circa 20 anni, per ogni metro di costa, si avrebbero circa 50 chilogrammi di rifiuti plastici, ogni anno.
Il problema del monouso
Gran parte del problema è causato dalle plastiche monouso. Oggi queste rappresentano il 36% della produzione globale di plastica. Si parla di bottigliette, di sacchetti, di imballaggi flessibili, di pellicole, di contenitori di alimenti, di tutto quello che peraltro, normalmente, si trova in mare. Si è calcolato che nel 2019, a livello mondiale, si sono prodotte 130 milioni di tonnellate di rifiuti plastici provenienti da packaging. Ma non si dovrebbe parlare solo del littering, e quindi della dispersione dei rifiuti: per capire quanto sia necessario rivedere l’uso di materie plastiche è bene tenere in considerazione anche le emissioni di gas serra associate all’intero ciclo di vita della plastica, dall’estrazione dei materiali fossili fino allo smaltimento. Ebbene, guardando all’intero settore, si scopre che questo, in una classifica dei Paesi più inquinanti al mondo per gas serra, si inserirebbe al quinto o al sesto posto.