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Chi ha inventato la plastica biodegradabile?

Le bioplastiche, o polimeri bio-based, sono polimeri ottenuti da fonti naturali rinnovabili. Storicamente, i primi polimeri utilizzati dall’uomo erano di origine naturale.
Prima dell’utilizzo di monomeri derivanti dall’industria petrolchimica, infatti, molti manufatti della vita quotidiana erano prodotti con polimeri bio-based.
Allora, le risorse utilizzate erano il caucciù (scoperto nel XVIII secolo), la cellulosa con la parkesina, la celluloide e il cellophane alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo, o ancora componenti del latte come la caseina inventata  nel 1897.
Il caucciù (o gomma naturale o poliisoprene naturale) fu scoperto nel XVIII secolo. Questo materiale polimerico si estrae dal lattice di alcune piante, in particolare si ottiene attraverso un processo di coagulazione del lattice estratto dall’Hevea brasiliensis (o albero della gomma, pianta nativa della foresta amazzonica). Tale materiale, però, di per sé non presenta ottime proprietà per essere usato come tale. Oggi, infatti, il poliisoprene naturale subisce un processo di vulcanizzazione, con lo scopo di conferirgli proprietà elastomeriche. In antichità, invece, il caucciù veniva molto utilizzato dai Maya come impermeabilizzante.
La celluloide fu inventata tra il 1863 e il 1868, ad opera di John Wesley Hyatt. Questo materiale è stato ottenuto da nitrocellulosa, al 10-11% di azoto, plastificata con canfora. Questo materiale, oggi abbandonato per le sue insidiose pericolosità, venne molto utilizzato dall’uomo come supporto per le pellicole fotografiche.
Il cellophane, inventato nel 1908 dall’ingegnere chimico svizzero Jacques Edwin Brandenberger, è invece una pellicola sottile e trasparente, costituita da cellulosa sottoposta ad un processo di rigenerazione. Tale materiale è tutt’oggi molto utilizzato per imballaggi e confezioni alimentari, per via delle sue proprietà di resistenza all’aria, all’acqua e ai microrganismi.
Questi tre polimeri, quindi, sono tutte bioplastiche, in quanto ottenute da fonti naturali. Inoltre, la gomma naturale è classificabile come polimero naturale; mentre la celluloide e il cellophane sono classificabili come polimeri artificiali (ma non sintetici, il quale assume un diverso significato), in quanto derivati dalla lavorazione di materie prime naturali.
Successivamente, nel 1947, fece la sua introduzione nel mercato la prima bioplastica tecnica, il rilsan (o poliammide 11). Tale materiale venne anch’esso ottenuto da una fonte rinnovabile, l’olio di ricino. La sua importante diffusione fu dovuta proprio alle sue eccellenti proprietà meccaniche e di resistenza chimica, paragonabili a quelle della poliammide 12.
PLA (acido polilattico) fu  sintetizzato per la prima volta dal chimico francese Théophile-Jules Pelouze nel 1845 per policondensazione dell’acido lattico ma si otteneva un polimero fragile, con basso peso molecolare e scarse proprietà meccaniche. Fu solo nel 1932 che Carothers propose una via sintetica per dimerizzazione dell’acido lattico in lattide e successiva polimerizzazione dovuta all’apertura dell’anello. 
Nel 1954 la DuPont migliorò le tecniche di purificazione del lattide e il processo, che è stato poi perfezionato, fu brevettato dalla Cargill Dow.
La molecola del PHA è stata descritta dal biologo francese Maurice Lemoigne nel lontanissimo 1926. Il procedimento non è complesso: Si tratta di affamare e poi far ingrassare dei batteri. In poche ore quel grasso diventa la polvere con cui si fa la plastica. 
Perché ci sono voluti più di 80 anni per ripartire da lì? Perché in quei tempi ci fu il boom del petrolio: fare plastica in quel modo era facile ed economico, i costi per l' ambiente non venivano tenuti in considerazione. Infatti, le bioplastiche hanno avuto l’inizio della crescita a partire dagli anni Novanta, quando hanno iniziato a produrre su scale industriale le bioplastiche che sono ancora oggi tra le più comuni, come il PLA (o acido polilattico), i PHA (o poliidrossialcanoati) o, ancora, gli amidi plastificati, i quali hanno potuto sfruttare i rapidi progressi dei settori della chimica verde e della white chemistry nella valorizzazione della biomassa (amidi, zuccheri, cellulosa, ecc.).
Oltre ai polimeri bio-based e/o biodegradabili di ultima formulazione, come il PEF, i principali sviluppi riguardano la diversificazione delle fonti utilizzate per produrre questi materiali, che si concentrano principalmente sulla valorizzazione dei co-prodotti o dei rifiuti di diverse biomasse.
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Gianeco Gianeco